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 MACCHERONI AL SUGO D’OCIO
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vinci
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Spedito - 31 marzo 2020 :  21:52:26  Mostra profilo  Rispondi con citazione
Ad Arezzo i maccheroni non sono i semplici maccheroni che conosciamo, infatti da secoli si tramanda una particolare ricetta che vede protagonista la pasta fresca che non ha niente a che vedere con il taglio che ci immaginiamo.
Dalle nostre parti i maccheroni sono grandi quadrati di pasta fresca, con un lato di precise dimensioni che non superano mai i 8 cm, più simili alla sfoglie delle lasagne, ma non uguali.
I maccheroni si prestano alla perfezione per essere conditi con un particolare sugo, rigorosamente aretino che mantiene intatta la tradizione, un piatto della battitura, un modo per fare festa, una grande festa.
Nel mese di giugno in ambito agricolo, nei campi e nelle aie era periodo di battitura e nella tavolata della festa a fine lavoro entravano in scena i signori MACCHERONI AL SUGO D’OCIO: l’ocio è il maschio dell’oca, un animale che si muove goffamente, da cui l’espressione aretina “sembri un ocio barellone” che in poche parole significa che sei sgraziato e che ti muovi male; è quell’animale che in Francia ci fanno il paté foie gras, l’ocio scorrazza, zampetta, starnazza, cresce, s’ingrassa e ci lascia satolli.
Allevato in molte fattorie nei dintorni di Arezzo, ha tolto la fame a molti contadini e braccianti affratellati dalla fatica della battitura del grano.
Nel territorio aretino dal 1900 la battitura era uno degli eventi principali di tutto l’anno, si chiamavano a raccolta amici provenienti dai poderi vicini, per aiutare, si mangiava tutti insieme, senza lesinare, ognuno metteva in tavola il meglio che potesse offrire.
Tutti ci tenevano a far bella figura, a donare il massimo del possibile e a far vedere che le spose erano ottime cuoche e che disponevano in abbondanza di ingredienti e prodotti eccellenti, mentre gli uomini dimostravano le grandi qualità nella mescita del loro vino.
Finito il duro lavoro (intervallato da brevissime pause a bere un bicchier di vino annacquato per combattere il gran caldo), via a lavarsi e tutti pronti per il pranzo preparato nell’aia con cura dalle massaie.
All’ora di desinare tutti a tavola, che fossero tavoloni di legno o balle di paglia ricoperte di tovaglie, il pranzo era sempre ben gradito e molto atteso, il menù variava di poco e il protagonista principale era sempre lui, sua maestà l’ocio e le sue tagliatelle.
I piatti serviti, inutile evidenziarlo, non bastavano mai e per questo motivo, dalla cucina, uscivano in continuazione delle gigantesche insalatiere colme fino all’orlo.
Come tutti gli animali di bassa corte, l’ocio era di esclusiva proprietà della massaia che, molto spesso lo cucinava, (grazie alla sua mole grassa) solo per grandi pranzi; i maccheroni invece erano preparati all’uovo, con una pasta lunga, tirata col cirnicchio, spessa e della larghezza di 3 centimetri, come due tagliatelle.
La versione era servita, condita e portata in tavola in una grande insalatiera, i maccheroni “posati” erano comodi da portare dalla cucina all’aia e da servire, anche perché non si rovinavano nell’eventuale attesa, nel caso in cui gli uomini avessero ritardato il loro arrivo a tavola.
Ingredienti e preparazione dei Maccheroni al’Ocio (detto con una L sola).
Preparare questo primo piatto è molto semplice, anche se è necessario avere un po’ di tempo libero (e ora ce l’abbiamo) per preparare tutto con calma, ma soprattutto per garantire il giusto sapore al sugo.

Per i maccheroni :4 uova intere 2 cucchiai di acqua, farina quanto basta per ottenere un impasto morbido ma che non si attacca alle mani (più o meno 4 etti), mettere su di una spianatoia la farina a fontana, aggiungere le uova, l’acqua ed un pizzico di sale, lavorare con le mani fino ad ottenere un impasto consistente ma non troppo duro, lasciar riposare per una mezz’oretta coperto con una ciotola di terracotta in modo che l’impasto sia poi più facile da tirare.
Con il matterello, stendere la pasta fino ad ottenere una sfoglia sottile, far asciugare per circa 15 minuti.
Trascorso questo tempo, arrotolare la sfoglia (deve essere infarinata un po’, altrimenti si attacca) fino a metà e ripetere l’operazione dall’altra parte.
Tagliare con il coltello tante strisce, per fare i maccheroni, larghe almeno 3 centimetri che verranno poi sollevate con il coltello e stese sulla spianatoia, cuocere infine in un’ampia pentola di acqua bollente salata.

Per il sugo (non chiamatelo ragù!) sono necessari alcuni semplici ingredienti: un’ocio ruspante di circa 3 kg, già pulito, (da comprare alla macelleria del Pollo san Marco) cipolla rossa toscana, sedano e carota, 1 bicchiere di vino rosso toscano, 2 cucchiai di concentrato di pomodoro, 1 lt di brodo di verdure preparato prima, sale, pepe, noce moscata e olio toscano.
Preparare il soffritto, mettere al fuoco tiepido e quando ben rosolato unire tutta la carne tagliata a piccolissimi blocchetti (o macinata) con l’aggiunta anche del fegato dell’ocio macinato, il tutto a fuoco alto.
Assicurarsi di girare bene la carne per evitare che si bruci o si attacchi sul fondo, come si diceva in campagna si “ruma” (si mescola) e si prosegue la cottura.
Durante la cottura aggiungere il vino rosso, sale, pepe e noce moscata, si abbassa la fiamma lasciando il tutto in pentola per circa mezz’ora, aspettando che evapori; cotta la carne, assicurarsi ancora di tagliare e sminuzzare i pezzi quanto più possibile, lasciando che la consistenza sia simile ad un ragù, mantenendo il composto corposo.
A questo punto sarà necessario mettere la carne nuovamente in una pentola di coccio, aggiungendo il concentrato di pomodoro ed il brodo caldo, che va tenuto a fiamma bassa, per circa tre ore, mescolandolo qualche volta.
Una volta pronto, si cuociono i maccheroni di pasta fresca, fatta all’uovo, tirata a mano come una sottile sfoglia, precedentemente lasciata stesa a riposare e cotta in acqua in pochi minuti; i maccheroni cotti saranno conditi in una zuppiera di terracotta alternandone gli strati con abbondante sugo (no parmigiano ma pecorino abbucciato di Talla).
Questa è la ricetta originale aretina, ma è come i racconti dei nonni, gli elementi, le modalità di esecuzione, tutto è lasciato al gusto, alla fantasia, alle capacità, alle condizioni di vita abituali di chi racconta la favola o di chi prepara questi piatti.
E allora buon lavoro per preparare i MACCHERONI AL SUGO D’OCIO all’aretina, che è rimasto un piatto unico e inimitabile del nostro territorio e introvabile al di fuori dalla Toscana.
Per annaffiare l’ocio io consiglio un vino Canaiolo “TIBERIO” Valdarno di Sopra “Pratomagno” DOC.
Prodotto con 100% di uve Canaiolo, un mono vitigno elegante e potente, un vino di razza assoluta, rubino intenso con lievi riflessi granati, di buona consistenza, olfattivamente esprime una buona finezza, complesso con note fruttate, floreali e speziature dolci in secondo piano.
In bocca si presenta con un tannino in primo piano ma di grande qualità, raro e riuscito esempio di Canaiolo in purezza, una sinfonia! comunque, per grandi pietanze della cucina tradizionale Toscana.

a cura di chef Rubbio

Roberto Vinci

franca46
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Spedito - 01 aprile 2020 :  09:38:26  Mostra profilo  Rispondi con citazione
ciao roberto , qualche immagine ce l'hai?

io ho trovato questa ,


Franca46
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vinci
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Spedito - 01 aprile 2020 :  11:46:15  Mostra profilo  Rispondi con citazione
Si Franca il risultato finale è questo, forse la larghezza dei nostri maccheroni
è un poco più grande delle tagliatelle dell'immagine.
Li devi provare seguendo la ricetta originale, sono da "sballo"
da quanto sono buoni!

Roberto Vinci
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franca46
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Spedito - 02 aprile 2020 :  08:24:35  Mostra profilo  Rispondi con citazione
ciao roberto ,io la pasta fresca so farla ,
quello che manca e non saprei neanche come o dove reperire l'ocio

Franca46
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vinci
Utente Sfegatato

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Spedito - 02 aprile 2020 :  09:24:29  Mostra profilo  Rispondi con citazione
L'ocio puoi sostituirlo con l'anatra o oca che più o meno ha lo stesso sapore.
Poi per il resto sono ingredienti comuni che vanno bene di qualsiasi località.
Prova, poi mi saprai dire quanto saranno buoni, sono una specialità toscana
e in particolare modo della cucina tipica Aretina.

Roberto Vinci
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franca46
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Spedito - 02 aprile 2020 :  09:32:25  Mostra profilo  Rispondi con citazione


ci proverò

Franca46
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vinci
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Spedito - 02 aprile 2020 :  10:03:16  Mostra profilo  Rispondi con citazione
Prego

Roberto Vinci
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vinci
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Spedito - 06 aprile 2020 :  22:17:06  Mostra profilo  Rispondi con citazione
VARIANTE AI MACCHERONI AL SUGO D'OCIO


Le pappardelle all'aretina

Un primo piatto ricco di sapore


Ingredienti:
280 g di pappardelle fresche
1 anatra di 1 kg
100 g di prosciutto crudo
1 cipolla
1 gambo di sedano
1 carota
salvia
basilico
1 scatola di pomodori
1 bicchiere di vino bianco secco
formaggio grattugiato
burro
olio
sale
pepe

Procedimento:
pulite l’anatra, tenete da parte il fegato e tagliatela in tanti pezzi. In un tegame scaldate due cucchiai d’olio e insaporitevi le verdure e il prosciutto tritati. Mescolate e unite la carne. Fate insaporire rigirandola spesso, bagnate con il vino, fatelo evaporare. Aggiungete i pomodori, salate, pepate e cuocete per circa un’ora e mezzo. A dieci minuti da fine cottura unite il fegato. Togliete dal tegame la carne e tenetela al caldo. Passate il sugo al setaccio. Lessate le pappardelle in acqua salata, scolatele, conditele con il sugo e una noce di burro crudo. Spolverizzate di formaggio grattugiato. Passate sul piatto da portata. L’anatra va servita come pietanza.

Per saperne di più:
l'anantra può anche essere sostituita da lepre o cinghiale.

Roberto Vinci
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